"Le prime luci dell’alba svelarono un uomo dal volto sereno, vestito di
cielo vespertino, genuflesso, lo sguardo volto verso l’infinito, ..."
STORIA → Introduzione Storica
Negli anni che seguirono la conquista bizantina del 535, la Sicilia assistette alla diffusione del monachesimo orientale greco, sulle orme di S. Basilio e S. Teodoro Studita.
Di lingua, cultura e rito orientale il monachesimo consentì la rapida e profonda bizantinizzazione della società siciliana.
I monaci orientali non costituirono un ordine nel senso comunemente attribuito a questo termine, in quanto in Oriente ogni convento era un ordine e lo stesso San Basilio non fu il fondatore di un ordine monastico, anche se influì in modo notevole sul monachesimo orientale, poiché, anticipando la regola benedettina, attribuì grande importanza al lavoro, che doveva affiancarsi alla preghiera, "per condire le opere con laudi quasi con mistico sale".
I monasteri greci divennero i centri organizzativi del territorio e, grazie alla loro azione culturale, agli inizi dell'VIII secolo, la società siciliana si era orientata unicamente verso Bisanzio.
Dalla fine del IX secolo, dopo che gli Arabi conquistarono Cefalù, Castrogiovanni e Siracusa, la resistenza bizantina si concentrò fino al 956 nella Valdémone (Val Démona o Val Demenna), intorno a Demenna, Taormina e Rometta.
In questi anni difficili i monaci greci attraverso la predicazione cementarono la collettività, ed in quel particolare clima psicologico e culturale gli abitanti dei Nebrodi, in particolare, maturarono quelle forme di religiosità che ancor oggi ne caratterizzano la sensibilità e la devozione.
Demenna divenne il principale punto di riferimento, la città in cui si raccoglievano profughi e fuggitivi dal resto dell'isola e si organizzava la resistenza. Fu per sottrarle agli infedeli che nell'anno 839 l'ultimo vescovo di Lentini, Costantino Abate, portò le reliquie dei santi fratelli Alfio, Filadelfio e Cirino, martirizzati nel 253 d.C. a Lentini, nel monastero di S. Filippo di Demenna.
Alla dominazione araba in Sicilia, dopo le cruente fasi di conquista, è riconosciuta dagli storici una certa tolleranza, in quanto le istituzioni isolane furono conservate ed i cristiani, al prezzo di maggiori imposte, ebbero gli stessi diritti di proprietà di cui godevano i musulmani e la facoltà di vivere privatamente il proprio credo religioso (non potevano costruire nuove chiese, non potevano suonare le campane o fare processioni, o leggere la bibbia nelle vicinanze di un musulmano).
E proprio durante la dominazione araba, la Sicilia diede i natali a molti santi cristiani. Anzi il monachesimo "greco-siculo" soggetto al patriarca di Costantinopoli, e non al Papa, fiorì proprio nel X secolo (ossia tra il 900 ed il 1000 in piena epoca araba).
Vi erano tanti eremiti diffusi nelle campagne siciliane, soprattutto nella zona della Val Demone (che comprendeva la Sicilia nord orientale) che rimase sempre meno abitata dagli arabi, e che proprio in quel'epoca vanta una tradizione di santi locali.
La vittoria dell'islam, nel 962, non estinse la resistenza, che si spostò dal piano militare a quello culturale; infatti, nonostante i monasteri greci furono depredati e danneggiati, la loro organizzazione non fu smantellata, e per quanto privati di potere reale, essi rimasero il punto di riferimento per le popolazioni cristiane.
All'impegno dei monaci greco-siculi si deve la mancata assimilazione della Valdémone alla cultura araba: per centocinquanta anni essi continuarono a tenere viva la fiaccola della grecità e della cristianità, in attesa della riscossa. Riscossa che non giunse da Bisanzio, ma da Roma, attraverso i Normanni.
Quando nel 1061 i Normanni conquistarono la Sicilia, alla guida del Gran Conte Ruggero d'Altavilla, trovarono parecchie sedi monastiche greche ancora abitate, seppure in condizioni degradate.
Questi monasteri divennero il primo appoggio che il Gran Conte trovò all'interno della società che intendeva controllare e la base di partenza per ricristianizzare l'isola.
Per tale ragione,i Normanni diedero inizialmente pieno supporto al monachesimo greco siculo.
Ruggero governò con saggezza ed alla sua morte, nel 1101, gli succedette il figlio, il Conte Ruggero II d'Altavilla.
Fu sotto il governo del Conte Ruggero (o del figlio Ruggero II) che Adernù, nobile città della Valdémone sita a circa 30 km a Nord-Ovest da Catania, fu testimone e protagonista della nascita di Nicolò Politi.
[Gaetano Sorge]